Le migrazioni internazionali hanno sempre meno quel carattere lineare, dominante nelle migrazioni del ventesimo secolo, che rende i migranti individui partiti da un paese (emigrati) e arrivati in un altro (immigrati).
Al contrario, le migrazioni stanno assumendo un carattere dinamico di tipo circolare fatto di partenze, ma anche di frequenti o periodici ritorni, di nuove partenze, di continui contatti a distanza.
La possibilità di vivere in questa sorta di “circolo migratorio”, che consente di mantenere, allo stesso tempo, relazioni professionali e sociali tanto con la società di accoglienza che con quella di origine, può favorire la produzione di grandi benefici, sia per i migranti stessi, sia per i paesi di partenza, sia per quelli di arrivo.
Secondo uno studio del CERFE (Nota introduttiva al corso “Gestire l’esperienza del circolo migratorio: i rischi e le opportunità del ritorno o del sostegno al paese di origine), “i migranti qualificati, che rappresentano un’enorme risorsa in termini di conoscenze e di competenze per i paesi di accoglienza, tendono sempre più spesso ad agire, pur se con modalità differenti e in maniera ancora parziale, oltre che per la propria crescita personale, anche per lo sviluppo del proprio paese d’origine, dando vita a forme di “ritorno costruttivo” effettivo o a distanza che non prevede necessariamente un rientro fisico del migrante, ma l’invio di beni, risorse, conoscenze, oppure l’attivazione di attività economiche, professionali o sociali a cavallo tra i due paesi”.